Tuesday 5 April 2011

In quali mani è la custodia degli scavi di Pompei?

An Italian tourist's experience of visiting Pompeii and paying a custodian to enter closed houses. Nothing we didn't already know about, but makes interesting reading - particularly the fact that the custodian had to phone his colleagues in order to disable the security alarms in the houses ...
In quali mani è la custodia degli scavi di Pompei
Lo sfogo di un nostro lettore in visita nel sito archelogico più importante del mondo. Dove i custodi, in cambio della 'mazzetta' aprono ai turisti le domus chiuse al pubblico disattivando il circuito di videosorveglianza.

Caro direttore, mia figlia è in quinta elementare, sta studiando l'Impero Romano, e così una bella giornata di sole primaverile ci ha fatto decidere di andare tutti a visitare gli scavi di Pompei; erano più di trent'anni che ci mancavo e anch'io sentivo l'emozione matura di una visita a una delle più preziose testimonianze della civiltà.
In effetti è questa testimonianza che abbiamo ricevuto.

Tralascio la descrizione dell'esperienza legata all'arrivo, allo slalom tra parcheggiatori, ambulanti, pizzaioli e ristoratori che tenacemente cercavano di cooptare nuovi clienti. Paghiamo l'ingresso e riceviamo un librettino con una succinta descrizione delle domus principali. Ma non riceviamo la mappa degli scavi, cosa che rendeva il libretto del tutto inutilizzabile. Chiedo spiegazioni e mi si dice che purtroppo le mappe sono terminate.

È la mattina del primo sabato di primavera, non la sera dell'ultima domenica di autunno. Avrebbero dovuto esserci un milione di mappe per i turisti che stanno arrivando da tutto il mondo. Essendo napoletano, non mi lamento più di tanto.
Dunque la nostra visita ha inizio vagando come fantasmi senza meta tra le rovine. Tento di rispondere agli interrogativi delle mie figlie pur non avendo gli strumenti per farlo.

In lontananza vedo un uomo in divisa. La divisa, nonostante tutto, ancora mi rasserena. Mi avvicino. Ha tra 50 e 60 anni e indossa una divisa blu con sopra scritto "sicurezza", è un dipendente della soprintendenza, proprio quello che ci voleva, un uomo di Stato. Rispettoso gli chiedo se per cortesia può darci un consiglio su come orientarci, visto che non abbiamo una mappa. Lui si volta a destra, poi a sinistra, poi mi risponde: "Gliela do io la mappa" e tira fuori dalla tasca della divisa la cartina degli scavi che fa il paio con il mio libretto, con i numeri di ogni domus che combaciano con le descrizioni cui io avevo già accesso, pur non sapendo dove mi trovassi.

Lo ringrazio pensando a quanto sia importante avere la possibilità di rivolgersi alle istituzioni nei momenti di smarrimento. Lui si volta a destra, si volta a sinistra e a bassa voce, tirando fuori dal borsello un anello da carceriere con una cinquantina di grosse chiavi, mi dice: "Dottò, le domus più belle stanno chiuse. Le vulite vedè?". Lancio uno sguardo interrogativo a mia moglie. Se le voglio vedere? Certo che le voglio vedere, altrimenti perché sarei andato agli scavi di Pompei? Ci invita ad andare più avanti, girare l'angolo e aspettarlo lì. Dopo alcuni minuti si presenta con altri turisti smarriti, c'erano tre russi, due spagnoli e sei o sette padani. Si avvicina a me, probabilmente ritenendomi quello culturalmente più vicino a lui, e mi dice che avremmo dovuto entrare dalle porte dei servi e che doveva fare una telefonata perché i siti migliori "stanno allarmati".

Doveva far disattivare il sistema di allarme e di videosorveglianza.
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